Zoo Project, omaggio selvaggio
Camille Soler / Francia
Camille Soler / Francia
Far nascere la parola dal cemento… Questo sembra essere stato lo scopo perseguito senza tregua da Bilal Berreni, in arte Zoo Project, nella sua troppo breve vita da artista libero, impegnato e senza compromessi. Un ritratto.
Dipingere un muro è un po’ come alzare un sipario, è un modo per squarciarlo, per affacciarci sul mondo, e per interrogarlo. È l’atto primigenio che ci colloca tra gli umani.
Far nascere la parola dal cemento… Questo sembra essere stato lo scopo perseguito senza tregua da Bilal Berreni, in arte Zoo Project, nella sua troppo breve vita da artista libero, impegnato e senza compromessi.
“Se il silenzio è d’oro, il rumore è di cemento.”
I muri, per Zoo Project, non erano semplici supporti espressivi, bensì il modo migliore per entrare in contatto diretto con l’altro: “Ho iniziato dipingendo sui muri della mia città, del mio quartiere. Per me l’arte deve essere in contatto diretto con lo spettatore, deve essere un’arte viva, che disturba, che interroga… In Francia mi sembra che l’arte abbia perso il suo carattere popolare e sia ormai riservata soltanto una minoranza. Ma è l’artista, secondo me, che deve fare lo sforzo di andare verso il pubblico, e non il contrario. È quello che ho cercato di fare con i miei dipinti: avviare un dialogo con i passanti, spingerli a reagire”.
È così che si sono risvegliate sui muri di Parigi delle creature ibride che hanno via via dato vita a una sorta di mitologia della rinascita in bianco e nero – Bilal era daltonico e non distingueva i colori – venuta a interrogare, sorprendere e, infine, far commuovere i passanti rispetto alla propria sorte.
“Non ancora qui, mai più laggiù.”
Padre di origine algerina, direttore artistico di un teatro parigino, nonno materno protagonista della Resistenza (Charles Sarlandie), Bilal costituisce un ponte tra Parigi e la sua periferia, come pure tra Oriente e Occidente. I suoi inchiostri fluiscono direttamente dai conflitti passati e presenti e dalle loro tristi conseguenze.
Dopo aver trasformato in poesia la ferocia urbana nel nord-est di Parigi, dove nessuno ha potuto far finta di niente davanti ai suoi messaggi infiammati, a 20 anni Zoo Project si è trasferito a Tunisi, dove era da poco sbocciata la Rivoluzione dei Gelsomini. “Vado ad annusare l’odore del vento della rivoluzione”, ha detto ai suoi genitori. Nel quartiere di Hafsia sente parlare di uno zio, un fratello, un vicino scomparsi: subito deve rappresentarli. È così che si stagliano su cartoni a grandezza naturale le figure dei martiri della rivoluzione, che in seguito l’artista esporrà in diversi angoli della città.
Zoo Project continua il suo viaggio verso la frontiera con la Libia e piazza la sua tenda nel campo di rifugiati di Choucha, dove comincia a disegnare un piede qui, un volto là. Le persone del campo vanno a trovarlo sempre più numerose. Tutti vogliono farsi fare un ritratto, e lui li realizza su tele di cotone trovate per strada. Così facendo comprende che il suo approccio, più istintivo che intellettuale, è un modo per restituire un po’ di dignità a chi ha perduto tutto. Quando la stampa e i social media si accorgono di lui, Bilal è già lontano. Rintanato in pieno inverno, a 30 gradi sotto zero, in una capanna della Lapponia profonda, lavora a una graphic novel per raccontare la sua insolita esperienza….
Numerosi altri viaggi hanno contrassegnato il suo cammino, prima di incontrare il regista Antoine Page nel 2010. Animati dal medesimo spirito d’avventura, i due artisti si ritrovano naturalmente intorno a un obiettivo comune: filmare un road-movie attraverso l’Europa e i paesi dell’ex Unione Sovietica, fino in Siberia. Un camion Mercedes, 8 paesi, 15.597 chilometri, 6 guasti, 17 arresti, 16 corruzioni, 8 autobus, 1 aereo, 12 treni, 4 carretti… Chi altri può dire con una punta d’orgoglio d’aver vissuto così tante esperienze in così poco tempo? È l’inizio di una collaborazione che durerà 3 anni.
“Essere folli è abbastanza piacevole”
Con il suo bidone di vernice sulle spalle e la sua tuta bianca, sembra proprio un esploratore spaziale il personaggio che seguiamo, selvaggio, curioso, contemplativo.
Il film, il cui titolo è ispirato all’Abecedario di Deleuze, ci invita a contemplare il mondo, le sue bellezze semplici eppure complesse, attraverso lo sguardo solitario e silenzioso di questo instancabile disegnatore, avido di senso e percorso da un’urgenza di scoprire il pianeta e i suoi abitanti.
Alcuni mesi dopo, sceglierà Detroit come fonte d’ispirazione, che segnerà però anche l’epilogo della sua esistenza. Accade durante il terzo soggiorno nella città feroce, dove si fa chiamare Billy the Cat. Racconta suo padre: “Stando a quanto sono riuscito a capire, era interessato a tutto ciò che può rinascere dal caos, che per lui rappresentava il fallimento del capitalismo”.
Nel luglio 2013 Bilal sparisce, ma i suoi coinquilini non ne denunciano la scomparsa: non era certo la prima volta che spariva senza lasciare tracce, per poi ricomparire là dove nessuno si aspettava di trovarlo.
Al momento del ritrovamento del corpo, nel marzo del 2014 scorrono fiumi di inchiostro: aggredito da quattro giovani armati, per rapinarlo di quel denaro che pure lui disprezzava tanto. Blog, siti web e giornali si commuovono, sui suoi dipinti neri a Parigi compaiono aureole colorate.
“Per essere interessanti, bisogna restare liberi”
Come guidato dall’urgenza di scatenare qualcosa, di accendere una scintilla di vita nello sguardo dei passanti, Bilal testimoniava a suo modo le assurdità del nostro tempo, di una civiltà presa in ostaggio. Zoo Project aveva voltato le spalle alla mercificazione della sua opera e ignorava l’idea di posterità. A un gallerista parigino che gli aveva proposto di organizzare una mostra aveva risposto: “Posso dipingere tutta la facciata della tua galleria, non vedo proprio perché dovrei rinchiudermi tra le sue mura”.
E dunque, attraverso quali prospettive possiamo vivere ormai la sua arte pur così prolifica? “A Parigi resta una decina di suoi lavori, le autorità comunali ne hanno cancellate molte. In Russia le persone osservano il lavoro: se lo apprezzano, lo preservano”.
Ciò che resta, soprattutto, è la passione per il disegno che Bilal ha trasmesso nei luoghi che hanno visto il suo passaggio, dove in tanti si sono messi a disegnare dopo la sua partenza verso nuovi lidi.
Un omaggio selvaggio
Proprio ora che la street art si va istituzionalizzando, non si può fare a meno di apprezzare il desiderio condiviso da Antoine Page e Lilas Carpentier di rendere omaggio al lavoro di Zoo Project nel più assoluto rispetto della sua personalità e del suo approccio. “Facendo affidamento soltanto sul volontariato, abbiamo deciso di far rivivere il suo spirito libero, la sua creatività e indipendenza”.
Insieme hanno dato vita all’associazione La Maison du Directeur (La Casa del Direttore) e hanno convinto le persone a lui vicine – i suoi amici, i suoi collaboratori e la sua famiglia – a contribuire all’uscita, nella primavera del 2018, di una versione del suo film a disegni animati, pensata per un pubblico più giovane, della durata di 1 ora e 10 minuti. Il loro progetto comprende anche la pubblicazione di un cofanetto con 8 volumi dedicati ai suoi lavori e l’allestimento di un’esposizione che proverà a darne nuove letture.
Durante il loro road trip, Antoine e Bilal hanno soggiornato per un mese a Odessa, dove hanno realizzato un’installazione sulla famosa scalinata Potemkin, un riferimento evidente alla celebre scena della scalinata nel film La corazzata Potemkin, capolavoro di Eisenstein. Il progetto iniziale prevedeva di creare un dittico e installare le opere anche sui gradini della stazione Saint Charles a Marsiglia, città gemellata con Odessa.
Il cofanetto conterrà 8 volumi dedicati a un versante meno conosciuto del lavoro dell’artista. La street art vi sarà certamente inclusa, grazie a tutte le fotografie che saranno raccolte, ma soprattutto ci sarà spazio per i suoi schizzi e per gli altri progetti che non è riuscito a portare a termine: “Il formato si adatterà ogni volta al progetto. Non c’è una vera e propria cronologia nel suo lavoro. Aveva sempre tantissime idee, da un’idea ne nasceva un’altra e vorremmo mantenere questo andamento: restare nel segno della prolificità, della molteplicità delle tecniche e via dicendo, che era suo”.
Per assicurare il libero accesso a chiunque, i cofanetti saranno prodotti in soli 1000 esemplari, ma questi saranno distribuiti esclusivamente in luoghi di consultazione pubblica, in Francia e all’estero (centri di documentazione scolastici, biblioteche universitarie, mediateche pubbliche ecc.). “Lui stesso passava un sacco di tempo in mediateca. L’idea è rendere il suo lavoro accessibile in qualsiasi momento a tutti”, spiega Antoine.
Non resta dunque che augurare a questo progetto una popolarità ancora più grande sui social media, di quanto non abbia suscitato la notizia della sua tragica scomparsa. Per sostenere l’iniziativa, che sarà lanciata nella primavera del 2018, si può contribuire sulla piattaforma Ulele https://fr.ulule.com/zoo-project-hommage/ entro il 20 settembre. Chi intende farlo dopo quella data, può fare una donazione direttamente sul sito del progetto https://www.zoo-project.com/hommage/nous-aider/. E d’ora in avanti, uscite di casa con il cuore aperto: alzate la testa e lasciate cadere i muri. Semplicemente, guardateli.